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Comunicazione UIF del 2 dicembre 2013 di Banca d’Italia. Schema rappresentativo di comportamenti anomali ai sensi dell’art. 6, comma 7, lett. b) del D.lgs 231/2007. operatività  connessa con l’anomalo utilizzo del Trust



Banca d’Italia, in data 2 dicembre 2013, ha pubblicato una comunicazione nella quale ricorda come il trust possa prestarsi ad utilizzi abusivi per finalità di riciclaggio e comunica che l’Unità di Informazione Finanziaria per l’Italia ha elaborato uno schema rappresentativo (che si trova allegato alla stessa comunicazione) di "comportamenti anomali riconducibili a un utilizzo distorto del trust".
Se da un lato è condivisibile l’affermazione dell’UIF secondo cui "le informazioni desunte dall’atto istitutivo sono fondamentali per rilevare un possibile utilizzo distorto del trust, la cui dimensione patologica emerge proprio quando esso nella sua configurazione concreta si discosta significativamente, per uno o più elementi, da quella tipica dell’istituto", non possono condividersi appieno le circostanze che sono indicate nello schema allegato alla comunicazione quali fattori sospetti rispetto ad un utilizzo distorto del trust.
In particolare, non pare condivisibile l’inclusione - tra i fattori sospetti che rilevano sotto il profilo soggettivo - della "coincidenza tra disponente e trustee (c.d. trust autodichiarato), tra disponente e guardiano, ovvero la sussistenza di rapporti di parentela o anche di lavoro subordinato fra gli stessi" e della "revoca del trustee da parte del guardiano priva di apparente giustificazione".
Quanto alla prima ipotesi, chi scrive ritiene che:
- la possibilità di istituire un trust autodichiarato è prevista da molte leggi che disciplinano l’istituto del trust e vi sono varie ipotesi in cui la scelta di istituire un trust autodichiarato non è finalizzata a mantenere il controllo sui beni in capo al disponente con intenti fraudolenti, ma può essere confacente al programma destinatorio che si crea attraverso il trust stesso (si pensi, ad esempio, al trust di garanzia e al trust liquidatorio);
- analogamente, la coincidenza tra disponente e guardiano può rispondere ad esigenze concrete; a parere di chi scrive, tale coincidenza potrebbe diventare sospetta, rispetto all’utilizzo dello strumento del trust, laddove il guardiano fosse titolare di poteri così penetranti da ingerire costantemente nella gestione del fondo in trust da parte del trustee, privando quest’ultimo di qualsiasi autonomia;
- quanto alla sussistenza dei rapporti di parentela, bisogna considerare la natura fiduciaria dell’incarico di trustee, così come di quello di guardiano. Non è poi così insolito che il disponente nutra fiducia nelle persone che gli stanno accanto; nei trust familiari, inoltre, la nomina di un familiare consente di far sì che il trustee o il guardiano - nel compiere determinate scelte - possano attingere anche ad un bagaglio di conoscenze strettamente legate al rapporto di parentela e che un estraneo alla famiglia difficilmente potrebbe apprendere.
Quanto alla seconda ipotesi, non appare condivisibile l’accostamento di una revoca del trustee da parte del guardiano priva di apparente giustificazione ad u’ipotesi di fattore sospetto. L’incarico di trustee, come detto, ha natura squisitamente fiduciaria; stabilire che una revoca sia sospetta perché non sorretta da apparente giustificazione contraddice, a parere di chi scrive, proprio detta natura fiduciaria. Né la conclusione cambia perché il soggetto che revoca il trustee è il guardiano: il potere di revoca sarà stato attribuito a quest’ultimo dal disponente nell’atto istitutivo; le uniche limitazioni all’esercizio del potere di revoca saranno quelle eventualmente contenute nell’atto.
Per quanto riguarda, invece, i fattori sospetti che rilevano rispetto al profilo oggettivo, suscita qualche perplessità la menzione della "presenza, nell’atto istitutivo di trust, di clausole che non risultano comprensibili dal disponente in quanto particolarmente complesse". Premesso che è compito del professionista che assiste il disponente, in u’ottica di correttezza e trasparenza nello svolgimento dell’incarico professionale, assicurarsi che il disponente comprenda la struttura e le conseguenze dell’istituzione di un trust, la scarsa comprensione di clausole molto complesse dal punto di vista tecnico non dimostra, a parere di chi scrive, un intento fraudolento, ben potendo il disponente affidarsi ad un professionista esperto della materia per la redazione di un atto istitutivo complesso e soprattutto corretto e completo, una volta compreso il funzionamento dello strumento del trust nei suoi tratti essenziali.
A parere di chi scrive, le singole circostanze evidenziate da Banca d’Italia, per essere correttamente valutate, devono essere esaminate non singolarmente, bensì nell’ambito della struttura complessiva dell’atto di trust, del programma destinatorio voluto dal disponente e dell’operatività in concreto posta in essere dal trustee (il cui scollamento rispetto alla finalità del trust potrebbe, in effetti, essere sintomo di un utilizzo sospetto dello strumento).
In conclusione, se pur non si reputa di condividere appieno le linee guida fornite da Banca d’Italia, non di meno si ritiene opportuno valutare attentamente il contenuto dell’allegato alla comunicazione UIF del 2 dicembre 2013 nella redazione dell’atto istitutivo e nella consulenza a favore del disponente nella fase di creazione del trust; attività, queste ultime, che richiedono particolare expertise in capo al professionista che redige l’atto, anche alla luce di questa recente novità. Ilaria Della Vedova

 

 



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