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23 Gennaio 2019

Autore
LUCA VEDOVATO

Attività
Diritto societario e M&A

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Sulla quantificazione del danno nell'azione sociale di responsabilità



Nell’ambito di un’azione di responsabilità proposta nei confronti degli organi amministrativi e di controllo, per il risarcimento dei danni provocati alla società e ai creditori dall’illecita prosecuzione dell’attività economica dopo il verificarsi di una causa di scioglimento, è stato approfondito il tema della quantificazione del danno risarcibile.

La fattispecie presa in esame era quella dell’illegittima prosecuzione dell’attività d’impresa dopo la riduzione del capitale sociale sotto il minimo legale, con omissione delle condotte prescritte dall’art. 2447 c.c. (ricapitalizzazione o messa in liquidazione) e del conseguente aggravamento del dissesto.

Se, in linea di principio, deve riconoscersi che, in ossequio alla natura contrattuale dell’azione, spetta a chi esercita l’azione di responsabilità individuare le operazioni gestorie compiute al di fuori di una logica meramente conservativa e che abbiano cagionato un danno, la giurisprudenza ha ormai da qualche tempo riconosciuto che – nel caso in cui l’attività d’impresa sia proseguita per un periodo di tempo considerevole, senza discontinuità, dopo il verificarsi della causa di scioglimento e sia connotata dal compimento di innumerevoli operazioni la cui rilevanza unitaria sia limitata rispetto al complessivo volume degli affari – sia ammesso il ricorso a criteri sintetici e presuntivi di prova del danno, mediante l’utilizzo del criterio della differenza dei netti patrimoniali.

Questo criterio consiste nella misurazione della differenza tra il patrimonio netto della società al momento del verificarsi della causa di scioglimento e quello al momento della messa in liquidazione o della sentenza dichiarativa di fallimento (o di accesso ad altra procedura concorsuale). La misura del danno sarebbe dunque pari alla differenza algebrica dei due patrimoni netti. Si tratta di un criterio che consente di determinare in termini sintetici, ma ragionevolmente attendibili, il depauperamento patrimoniale derivante dall’illegittima prosecuzione dell’attività economica dopo il verificarsi della causa di scioglimento, dolosamente o colposamente non rilevata dagli organi amministrativi e di controllo.

In ossequio al principio di causalità la giurisprudenza, tuttavia, ritiene necessario operare due correttivi: 1) i patrimoni netti posti a raffronto devono essere rettificati secondo criteri di liquidazione, depurandoli dei valori che si giustificavano solo in ottica di continuità aziendale, così da sterilizzare la diminuzione dei valori contabili che comunque si sarebbe verificata se la società fosse stata tempestivamente posta in liquidazione; 2) devono essere esclusi i c.d. costi insopprimibili, in altre parole, quelle voci di costo che sarebbero state sostenute dalla società, anche se essa fosse stata posta in liquidazione al momento della rilevazione della perdita del capitale sociale.

Avv. Luca Vedovato

Informazioni, richieste e commenti a luca.vedovato@studiodepoli.it


 

Riferimenti normativi: 146 l.f.; 2392 c.c.; 2485 c.c.; 2486 c.c.

Keywords: azione di responsabilità; quantificazione danni; differenza netti patrimoniali



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