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Nuovo intervento del legislatore sul c.d. ius variandi in materia di trasparenza delle condizioni contrattuali.
L’art. 118 del T.U.F. - che consente alle banche, entro determinati limiti, di modificare unilateralmente le condizioni economiche del contratto, ivi compreso (nei contratti a tempo indeterminato) anche il tasso di interesse -, è stato oggetto di un nuovo intervento di modifica ad opera del c.d. decreto sviluppo (ossia il D.L. 13 maggio 2011, n. 70, convertito in legge 106/2011 del 12 luglio 2011), che ha introdotto la possibilità di pattuire con apposita clausola la facoltà per la banca di modificare i tassi di interesse anche nei contratti di durata al ricorrere di determinati eventi, mentre nella previgente formulazione non era consentito di modificare i tassi di interesse nei contratti di durata.
L’art. 8, comma 5, lett. f), ha previsto l’inserimento nell’art. 118 T.U.F. del seguente comma 2-bis: «Se il cliente non è un consumatore né una micro-impresa come definita dall’articolo 1, comma 1, lettera t), del decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 11, nei contratti di durata diversi da quelli a tempo indeterminato di cui al comma 1 del presente articolo possono essere inserite clausole, espressamente approvate dal cliente, che prevedano la possibilità di modificare i tassi di interesse al verificarsi di specifici eventi e condizioni, predeterminati nel contratto». Viene poi precisato alla successiva lett. g) che le modifiche introdotte all’art. 118 non si applicano ai contratti in corso alla data di entrata in vigore del decreto e che le eventuali modifiche introdotte ai contratti in corso alla predetta data sono inefficaci. Rispetto alla prima formulazione del nuovo comma 2-bis proposta dal Governo con il D.L., questa nuova previsione ha subito una sensibile modifica in sede di conversione in legge del decreto sviluppo. Inizialmente il governo aveva infatti proposto di inserire la possibilità di derogare, in tutto o in parte, all’intero contenuto dell’art. 118 T.U.B. nel caso di cliente non consumatore né micro-impresa; il Parlamento ha invece attenuato tale possibilità di deroga, prevedendo che si possa specificamente pattuire in quali casi è legittimo l’esercizio della banca dello ius variandi sui tassi di interesse anche nei contratti di durata, attraverso u’elencazione degli eventi e delle condizioni che danno diritto alla banca di incidere sui tassi.
La nuova formulazione della norma lascerebbe dunque maggior spazio all’autonomia contrattuale - e ciò in controtendenza rispetto alla ratio ispiratrice delle norme sulla trasparenza bancaria, che muovevano in direzione di una pre-determinazione del contenuto dei contratti (recte, di alcune previsioni dei contratti) da parte dello stesso legislatore o, comunque, di una forte compressione della libertà delle banche di scrivere le regole del rapporto contrattuale -; bisognerà ad ogni modo valutare attentamente l’utilizzo che faranno le banche di tale nuova possibilità di parziale deroga alla norma sullo ius variandi, poiché è noto che i clienti non hanno alcun potere contrattuale di chiedere la modifica di contratti che sono, nella quasi totalità dei casi, contratti standard contenuti in moduli prestampati dalla banca stessa.