Ci è stato chiesto di rendere un parere in merito alla possibilità - per una società che opera nel settore della GDO - di commercializzare le c.d. gitf card emesse da terzi soggetti, nonché le carte prepagate non ricaricabili, le ricariche telefoniche e le c.d. smart box. In particolare, ci è stato chiesto se la commercializzazione delle carte prepagate non ricaricabili (sia quelle c.d. aperte, cioè che possono essere utilizzate per qualsiasi acquisto, sia quelle c.d. chiuse, che hanno una possibilità di utilizzo limitata all’acquisto di beni o servizi solo nella sede utilizzata dall’emittente o in base ad un accordo commerciale con l’emittente, all’interno di una rete limitata di prestatori di servizi o per una gamma limitata di beni o servizi) configuri attività riservata.
Al fine di rispondere al quesito sottoposto, ci siamo chiesti se tali carte prepagate non ricaricabili possano essere qualificate come moneta elettronica e se siano assoggettate alla disciplina prevista nel T.U.B. per i servizi di pagamento. Abbiamo escluso entrambe le ipotesi sulla base della normativa di settore.
L’art. 1, comma 1, lettera h-ter, del d.lgs. 385/1993 (c.d. T.U.B.), infatti, esclude che costituisca moneta elettronica "il valore monetario memorizzato sugli strumenti previsti dall’articolo 2, comma 2, lettera m), del decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 11", nonché "il valore monetario utilizzato per le operazioni di pagamento previste dall’articolo 2, comma 2, lettera n), del decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 11".
Il riferimento contenuto nella lettera h-ter) dell’art. 1 del T.U.B. è al decreto legislativo con cui è stata recepita nel nostro ordinamento la Direttiva Comunitaria sui servizi di pagamento. L’art. 2 del d.lgs. 11/2010 esclude dal proprio ambito di applicazione (e, dunque, esclude dal novero dai servizi di pagamento) le fattispecie di:
• "servizi basati su strumenti che possono essere utilizzati per acquistare beni o servizi solo nella sede utilizzata dall’emittente o in base ad un accordo commerciale con l’emittente, all’interno di una rete limitata di prestatori di servizi o per una gamma limitata di beni o servizi" (così alla lettera m); in tale fattispecie rientrano le carte prepagate c.d. chiuse);
• "operazioni di pagamento eseguite tramite qualsiasi dispositivo di telecomunicazione, digitale o informatico, quando i beni o servizi acquistati sono consegnati al dispositivo di telecomunicazione, digitale o informatico, o devono essere utilizzati tramite tale dispositivo, a condizione che l’operatore di telecomunicazione, digitale o informatico, non agisca esclusivamente quale intermediario tra l’utilizzatore di servizi di pagamento e il fornitore dei beni e servizi" (così alla lettera n); in tale fattispecie rientrano le ricariche telefoniche e le c.d. smart box).
Alla luce delle disposizioni di legge sopra richiamate, quindi, abbiamo escluso che le carte prepagate c.d. chiuse, le ricariche telefoniche e le c.d. smart box siano assimilabili alla moneta elettronica. Quanto alle carte prepagate c.d. aperte, pur essendo esse normalmente qualificabili come moneta elettronica, trattandosi nel caso di specie di attività di commercializzazione delle stesse - che è diversa da quella di emissione, che configura attività riservata - ed essendo la commercializzazione limitata alle carte non ricaricabili (che, quindi, possono circolare in forma anonima e non sono collegate ad un conto corrente), abbiamo escluso che essa sia qualificabile come attività riservata soggetta all’autorizzazione di Banca d’Italia, non essendoci alcuna erogazione di credito in capo a chi vende le prepagate non ricaricabili emesse da terzi soggetti, e abbiamo, di conseguenza, concluso nel senso che nulla osti alla commercializzazione, da parte di una società operante nel settore della GDO, di strumenti quali carte prepagate (sia chiuse sia aperte) non ricaricabili, ricariche telefoniche, gift card e smart box. Ilaria Della Vedova
CREDITS
Progetto a cura di Marketude
Grafica a cura di Daridea
Sviluppo a cura di Magazzino27.it